Filosofia del camminare

I camminatori sono persone singolari che accettano per qualche ora o qualche giorno di uscire dall’automobile per avventurarsi fisicamente nella nudità del mondo.
L’atto del camminare rappresenta il trionfo del corpo, con sfumature diverse, secondo il grado di libertà della persona. Favorisce l’elaborazione di una filosofia elementare dell’esistenza basata su una serie di piccole cose, induce per un momento il viandante a interrogarsi su di sé, sul suo rapporto con la natura e con gli altri, a meditar su un’inattesa gamma di questioni.

David Le Breton

Molto spesso confondiamo il camminare azione fisica e  dinamica permessa da muscoli e tendini, con il camminare azione dello spirito, fatto con il cuore e con i sensi.

Parliamo del camminare lento, a passo cadenzato, con i 5 sensi che lavorano in sintonia.

Camminare per stupirsi, camminare per meravigliarsi, camminare per conoscere, camminare per difendere l’ambiente.

In un mondo sempre più frenetico, dove tutto è velocità, consumo, apparenza, il camminare consente di avvicinare e scoprire quanto ci circonda senza l’affanno di un obiettivo da raggiungere a ogni costo e sacrificio.

Camminare, oltre a permetterci di entrare in sintonia, ma e in intimità con gli ambienti attraversati, proprio per via della lentezza, ci aiuta a liberare la mente dagli stress, facendo emergere la soluzione ai problemi, e a scaricare l’energia negativa accumulata in mesi di lavoro.

Camminare in gruppo, è un’esperienza umana grandissima che permette di capire gli altri e di mettersi in discussione.

Nel trekking, come nella vita, gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo, ma con la pratica abituale di questa attività, si impara a risolverli senza grossi problemi.

Nell’attuale società, quella dei falsi bisogni, la gente alla benché minima controversia o problematica va in “tilt”. Il trekking o l’arte del camminare dà incredibili benefici psicologici oltre a quelli fisici: cuore, polmoni, sangue, respirazione, eliminazione di tossine, tonificante per i muscoli, lucidità per il cervello.

Ma dove “camminare”, come “camminare” quando “camminare”? Tutti gli ambienti, anche quelli antropizzati sono fatti per camminare: si cammina lungo un arenile marino, lungo un sentiero, lungo la sponda di un lago, per le vie di borghi antichi, lungo le rive dei fiumi (molte volte anche dentro), in montagna, in collina… Camminare lentamente, senza fretta, mettendo in moto tutti i sensi, senza avere necessariamente una meta.

Con il concetto di “meta”, si finisce con il vedere solo e soltanto quella. Ma per arrivarci, quanto avremo perso? Non è quantificabile! Può essere un bellissimo gioco di colori nel cielo, il volto sorridente di qualcuno che ci passa accanto, la forma di una roccia che si erge all’orizzonte. Dipende da dove ci troviamo e con chi avremo vissuto il cammino. Soprattutto la gioia nel vedere ciò che si presenta ai sensi. Del nostro cammino rischia di rimanere  solo la nostra agognata meta se non cambiamo il nostro approccio.

Pensiamo ai pellegrini che per centinaia di anni hanno percorso lunghissimi itinerari per la gioia dello spirito. San Francesco sicuramente era un grande escursionista.

Tutte le stagioni sono adatte per praticare l’attività più innata nella natura umana: camminare. L’inverno, nel quale la neve addolcisce qualsiasi paesaggio. La primavera con i suoi profumi. L’estate piena con i suoi frutti e la spensieratezza spensieratezza. L’autunno carico di mille colori.

Si può sempre aprtire. Sono sufficienti un paio di scarpe da trekking , uno zainetto da 15/20 litri, una bottiglietta d’acqua, una felpa, un k-way, un cappellino e l’avventura può iniziare.

Non esiste un’età per fare trekking. Può camminare un bimbo di 7 anni come una signora di 80.

Il bambino andrà motivato dall’adulto, mentre la persona più matura si accorgerà che le forze riprenderanno passo dopo passo.

Quindi: Buon cammino!

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